Quello delle “quote rosa” è un dibattito che si sta ammuffendo sotto gli occhi di tutti. Tirarle in ballo per qualsiasi cosa ha stancato, soprattutto quando si parla di musica. Se una donna fa un disco con collaborazioni solo maschili smette di essere femminista? Smette di credere che le donne debbano avere pari diritti e opportunità? Non è esattamente così. Rose Villain su Instagram ha risposto alla “domanda delle domande: “Perché nessun feat al femminile?”. “Ho chiesto a più di una collega ma erano tutte impegnate in altri progetti in questo momento e lo capisco benissimo, chiuderemo i pezzi più avanti. Per me la discriminazione sta nel dover mettere una quota rosa solo per avere una quota rosa, l’arte è senza genere”. Nel prossimo album di Rose Villain, “Radio Vega”, come avrete capito non sono presenti artiste donne. La domanda, quindi, è lecita. E la risposta di Rose Villain non è paracula, come qualcuno potrebbe definirla, ma evidenzia un aspetto fondamentale: la differenza tra azioni concrete e gesti simboli.

Imporsi, come artista donna, di inserire un featuring al femminile nel suo album cosa comporta? L’esigenza di rappresentanza rischia di essere controproducente. Le creazioni artistiche, specialmente in ambito musicale, rispondono a logiche complesse che vanno oltre le percentuali di genere. Un album è tendenzialmente un’opera che nasce da una visione, che vuole raccontare una storia, un modo di pensare, con un’estetica ben definita, anche dalle scelte stilistiche, narrative, anche parlando di collaborazioni. Si collabora, spesso, con chi condivide un’idea e chi può aggiungere un effettivo valore al progetto. A tutto questo si aggiunge il discorso sui numeri (giusto o sbagliato che sia). Si guarda al potenziale che determinati artisti possono avere sulle piattaforme di streaming, perché l’album deve essere sì bello, ma soprattutto non deve essere un flop, anche in termini numerici. Rose Villain, anche se qualcuno la penserà diversamente, dimostra con questa risposta che il femminismo non è semplicemente una facciata. E alla fine, quando ascolteremo “Radio Vega”, il primo pensiero non sarà “oh ma non ci sono artiste donne in questo disco”, ma sarà più probabilmente “è una caga*a”, “il disco che segnerà il 2025” o “un album che dimenticheremo presto”, con o senza quote rosa.
