Il Festival "Il Libro Possibile" è un luogo aperto al dibattito: nei giorni di Polignano a Mare, in attesa degli incontri di Vieste (Il Libro possibile sarà di nuovo lì dal 23 al 27 luglio) si sono alternate le voci di Erri De Luca, Rula Jebreal e Michele Emiliano. Era presente anche Luca Telese, che ha dialogato con Alessandro De Angelis: il tema era il suo ultimo libro, Opposizione (Solferino). “Uno stress test” che sembra andato bene. Noi lo abbiamo intervistato per capire perché è ancora necessario parlare di Enrico Berlinguer (di cui Telese aveva già parlato nel volume precedente, La scorta di Enrico, edito da Solferino). Prendere a esempio quel momento storico della sinistra, forse, può insegnare a quella attuale come non aver paura di affrontare battaglie che potrebbe perdere, come il referendum sull’autonomia differenziata, uno dei terreni su cui si gioca, secondo Telese, la possibilità di contrastare Giorgia Meloni: “L'impegno per raggiungere la maggioranza più uno è una grandissima palestra democratica e spesso le vittorie sono arrivate smentendo i sondaggi”. Ma nella nostra intervista siamo andati oltre, ricordando anche il 1984 e quella mobilitazione contro il taglio della scala mobile voluto dai socialisti di Bettino Craxi. Cosa rimane dell’eredità di quella classe politica, oltre agli occhi di Berlinguer sulla tessera del Pd? “Elly Schlein ha avuto il merito di aver cambiato il racconto a favore del salario minimo, contro il Jobs Act. Forse sulla guerra…”. Un giudizio positivo, specie se si considerano i tentativi di allontanarsi da Matteo Renzi (sarà ancora così dopo le ultime aperture?), ma che tiene conto anche della titubanza (generalizzata) nell’opporsi all’invio di armi (sul punto è recente anche uno scontro di Telese con Carlo Calenda: “Ancora non ha capito che i giornalisti fanno le domande e i politici possono rispondere quello che vogliono, ma insultare probabilmente no”). Ilaria Salis e Alleanza Verdi Sinistra, in questo senso, possono essere un’alternativa concreta? Sì, anche perché “se c'è qualcuno che pensa che la sinistra possa non essere pacifista se ne vada da un'altra parte”. Poi le questioni internazionali, il populismo, i “trucchi” dell’élite di Donald Trump e il parere sull'“impresentabile” Joe Biden.
Luca Telese, com'è andato questo Festival "Il Libro possibile" e perché ha scelto proprio quel posto per presentare il suo ultimo libro, Opposizione?
È un legame forte quello con Polignano, ci vado da più di vent’anni. Lì, come dico sempre, i libri sono come le macchine, devono fare lo stress test anche se sono progettati bene. Quindi avere una platea con più di duemila persone è un bellissimo test per capire se le cose che racconti funzionano o no.
Nell’introduzione scrive che la sinistra vuole vincere a costo zero: qual è il prezzo che non ha più il coraggio di pagare?
Stavo pensando alle opposizioni ridicole che ci sono state a Elly Schlein e Maurizio Landini, che sono le stesse che facevano a Enrico Berlinguer sul referendum del 1984: alcuni nello schieramento dicevano che non erano sicuri di vincerlo. Ora, in riferimento al referendum sul lavoro di Landini, dicono: “Non riusciremo mai portare 25 milioni di persone a votare”. Questi sono atteggiamenti suicidi. Anche perché i referendum sono una meravigliosa battaglia politica. Portare la maggioranza più uno è una grandissima palestra democratica e spesso le vittorie sono arrivate smentendo i sondaggi.
Quindi è una paura, quella della sinistra, di intraprendere battaglie che rischia di perdere.
Certo. Nel primo dei due volumi, La scorta di Enrico, racconto di come il referendum sul divorzio, con tutti i sondaggi che lo davano perso, in cui Berlinguer fa quel bellissimo appello: "Quando togli un diritto ne perdi subito un altro", fu vinto in tutte le grandi città, comprese Palermo, Napoli, Cagliari e Reggio Calabria grazie al voto delle donne. Anche tantissime donne di destra, perché la sinistra non aveva il 60%, votarono a favore del divorzio, nel segreto dell'urna.
E oggi cos’è cambiato?
Non puoi vincere se l'opposizione è demagogica, se usi la battaglia per poi ottenere una mediazione al ribasso, per fare un passo avanti e due indietro. Tra l'altro l'unica cosa che può portare l'opposizione a vincere su Giorgia Meloni è il combinato disposto tra il referendum di Landini contro la precarietà, il referendum costituzionale e il referendum contro l'autonomia differenziata.
Elly Schlein ha messo gli occhi di Berlinguer sulla tessera del Pd, ma c'è davvero qualcosa della sua eredità politica a cui la segretaria si ispira?
Quando si mettono gli occhi di Berlinguer sulla tessera bisogna essere all'altezza di quello sguardo. Io suoi oppositori interni avevano già deciso di farla fuori. Alcuni lo dicevano prima del voto alle europee. Elly Schlein però ha avuto il merito di aver cambiato il racconto a favore del salario minimo, contro il Jobs Act. Forse sulla guerra c'è un po' più di timidezza, ma l'aria è cambiata. Nessuno si può dimenticare che questo partito ha votato la riforma di Matteo Renzi, l’orribile riforma della Rai. Le tre leggi con cui la Meloni può prendere in mano l'Italia con una maggioranza relativa non le ha votate lei, ma Renzi e la sinistra: la riforma della governance, per cui la Rai risponde al governo più che al Parlamento; la riforma Bassanini, che ha consentito di poter votare per l'autonomia differenziata, che distruggerà il paese; la riforma del Jobs Act, che ha creato una frattura, insieme a tante altre cose, del Pd con il popolo della sinistra. La Schlein restituisce comunque l'immagine, con tutto quello che si può criticare anche del suo operato, di una che è entrata in una stanza in cui c'era puzza di cadavere e ha aperto la finestra.
Sulla guerra, invece?
È il prossimo banco di prova. Spero che ora si sia rafforzata, perché in questo momento c’è una propaganda oscena per la guerra. E non parlo solo del Pd. Questa è l'altra lezione che la sinistra deve imparare: non ha più giornali, non ha autonomia nei mezzi di comunicazione, non c'è più unità, non c'è più una struttura forte come quella che consentì a Berlinguer di portare in piazza un milione di persone contro il taglio della scala mobile.
Adesso si parla di nuovo di larghissime intese con dentro anche Renzi: cominciano a essere tante le occasioni che ha avuto la Schlein per rompere con quel passato.
Addirittura ha avuto un voto al Parlamento europeo su una norma che consentiva di usare fondi sociali per mandare armi all'Ucraina senza nessun vincolo, e che è stata votata dalla maggioranza del suo gruppo. Schlein è contro le spese per gli armamenti fuori dal patto di stabilità e, cionostante, ha nel suo partito Paolo Gentiloni, forse anche suo potenziale sostituto, almeno nella testa dei suoi oppositori, che ha lui stesso invocato e costruito quella norma.
Di recente ha avuto uno scontro con Carlo Calenda su questo punto.
Per me è una medaglia straordinaria, nel senso che Calenda forse ancora non ha capito che i giornalisti fanno le domande e i politici possono rispondere quello che vogliono, ma insultare probabilmente no. Se lui si arrabbia perché io gli faccio una domanda e lui non ha una buona risposta è un problema suo, non mio. Sono loro a dover rispondere agli elettori del fatto che non hanno nessuna forza. È inaccettabile che per comprare dei macchinari per gli ospedali non si possa violare il patto di stabilità, mentre per l’invio di armamenti diventa consentito. Peraltro mandiamo dei missili dicendo che possono attaccare la Russia. Una cosa che è contrastata persino da Antonio Tajani. Questa è l’immagine della sinistra senza spina dorsale: viene scavalcata persino dalle posizioni di Tajani, non di certo Che Guevara.
Resta da capire cosa succederà in Francia, però la sinistra sembra sempre incapace di andare da sola: deve ogni volta farsi trascinare anche da un centro liberale. Non esiste un'alternativa concreta, per esempio Alleanza Verdi Sinistra?
Intanto all’europee ha avuto un risultato strepitoso, ha fatto il 6,7%, forse perché è stato l'unico partito di sinistra, insieme al Movimento 5 Stelle, che si è opposto in maniera palese e trasparente a ogni forma di invio delle armi.
Secondo lei quello di Ilaria Salis è un fuoco di paglia o è una spinta che può durare nel tempo?
Questa è un’altra cosa incredibile: nessuno ricorda più che la sinistra ha vissuto di battaglie fatte di nomi e corpi. Ogni volta io ricordo una cosa della mia formazione che mi sta molto a cuore: il primo deputato socialista, neanche c'era il Partito Socialista italiano, ma solo il Partito Socialista di Romagna, Andrea Costa viene eletto nel Parlamento del Regno perché si incatena per fermare le navi che partivano per la guerra coloniale. Allora se c'è qualcuno che pensa che la sinistra possa non essere pacifista è meglio che se ne vada da un'altra parte.
Chi la attacca parla dell'occupazione abusiva delle case.
Ma anche qui c'è l'assoluta incapacità di autonomia culturale della parte moderata della coalizione, l’ennesimo esempio di egemonia invece della destra e dei suoi giornali, che legittimamente fanno il loro mestiere. Ci sarà una differenza fra quegli ignobili squatter che rubano le case, e fa bene Mario Giordano a fare la campagna sugli anziani che finiscono in ospedale, e invece Ilaria Salis che è andata a occupare una casa che era sfitta? Il gesto di protesta contro una casa pubblica sfitta per me è un'ottima e legittima battaglia politica. Il gesto di sottrazione del legittimo alloggio a un povero è al contrario un’infamia. Io vorrei che ci fosse una legge che crea dei canoni ancora più agevolati di quelli di oggi, in modo tale da mettere le abitazioni private e pubbliche a disposizione di coloro che sono senza casa. E sono a favore di una polizia che agisca duramente quando qualcuno occupa la casa di qualcuno, specie se anziano. Le due stelle polari sono il rispetto della proprietà privata e del pubblico diritto.
Il titolo del suo libro è “Opposizione”, un tema che non può non legarsi alla questione del dissenso: come lo sta gestendo Giorgio Meloni in Rai?
È veramente inspiegabile che in Rai sia stata fatta un'operazione in stile “Tele Meloni”. Io pago il canone, non sono solo un giornalista, ed è impossibile non notare un disperato tentativo di togliere una serie di conduttori di successo. Per il resto devo riscontrare che questo ha reso La7 sette ancora più centrale come canale libero.
Ritornando alla mobilitazione del 1984: secondo lei questi movimenti hanno ancora un peso, almeno all'interno degli schieramenti a cui fanno riferimento?
Il Pci, quando metteva in campo dei movimenti, faceva delle campagne di alfabetizzazione primaria, portava persone dentro la democrazia. I socialisti dell'Ottocento hanno portato milioni di persone dentro la democrazia. Non bisogna mai dimenticare che quando Giolitti aprì al suffragio universale maschile, nel 1914, fu una grande sorpresa per tutti vedere i socialisti e i popolari diventare i due partiti maggioritari, spazzare via la classe dirigente liberale. Non bisogna dimenticare che quando il suffragio era censitario e occorreva pagare le tasse e dimostrare di saper leggere e scrivere, i socialisti insegnavano agli analfabeti a scrivere il proprio nome. Quindi io scrivo questi libri perché la sinistra deve avere memoria di ciò che è stata.
Nel libro c’è un capitolo intitolato Orwell: parla di come Berlinguer abbia avuto una posizione anti-ortodossa, in un certo senso, rispetto alle questioni della tecnologia. Un leader di sinistra con quale tema si deve confrontare per mostrare la sua visione a lungo termine?
La risposta è nella storia e anche nella mostra dedicata a Berlinguer: è un uomo che ogni volta che è inquadrato ha intorno un numero incredibile di persone. C'è Berlinguer che mangia e ha 300 persone vicino. C'è Berlinguer con le cucitrici e ci sono 600 donne che lo acclamano. C'è Berlinguer nelle piazze, nelle feste dell'unità con un milione di persone. E c'è Berlinguer con gli uomini della sua scorta con cui ha condiviso quattordici anni della sua vita, giorno e notte, che erano tutti figli del popolo: fabbri, metalmeccanici, iscritti della Cgil, operai. Quando c'è questo dibattito ormai noioso a proposito di chi sia meglio tra il popolo e l'élite, bisogna pensare, come nel caso di Berlinguer, che il popolo e l'élite viaggiavano nella stessa macchina. Gli uni imparavano dagli altri.
Cosa significa la probabile vittoria di Donald Trump per le nostre democrazie?
Nel libro faccio un passaggio, sempre partendo da quel milione di persone che parteciparono alla mobilitazione per la scala mobile. Quelle persone dicevano: “Voto Berlinguer perché è una brava persona”. Erano contenti di essere rappresentato da una persona che parlava uno splendido italiano, che era riconosciuto persino dagli avversari. Il leader populista di oggi ha un trucco, anche se è figlio dell’élite: Trump si mette a fianco al popolo e dice: “Vedi che con me non ti devi sentire inferiore? Vedi che io sono più sguaiato di te?”. Ed è un trucco, è un camuffamento. Berlinguer stava dalla parte degli ultimi, ma dava agli ultimi l'orgoglio di essere rappresentati meglio.
Questo è un problema di qualsiasi élite, non solo in America.
Certo, anche delle sinistre delle ztl, quelli che parlano complicato, che fanno i politicisti, che non riescono a capire che se fai la transizione ecologica o ci sono i soldi oppure diventa una cosa oscena.
In che senso?
Cioè se tu vai dagli autotrasportatori o dai contadini e dici domani che da domani si raddoppia il prezzo del carburante o che non si può più usare il vecchio trattore, ma allo stesso tempo se non gli dai i soldi per cambiarlo, è ovvio che non ti seguiranno. Ci sono alcuni sindaci di sinistra che hanno chiuso le città per avere zero emissioni, mettendo fuori legge le macchine dei poveri. Non basta dire: “Comprati la ibrida, tira fuori i quarantamila euro”. È una cosa senza senso. O ti poni il problema dell'equità come bussola anche per interpretare i processi di rinnovamento oppure dai spazio alla destra dei populisti.
Della candidatura di Joe Biden cosa pensa?
Ecco di nuovo la difficoltà dell’élite di sinistra di prendere atto della realtà quando è scomoda. Joe Biden è diventato un burattino del complesso militare industriale bellico americano, doveva essere mandato a casa sei mesi fa. È totalmente manipolato perché non è più presente a se stesso.
In certe cose la destra sembra proprio più capace di capire i momenti: da tempo si dice che Biden è vecchio, Trump in risposta sceglie come vicepresidente J.D Vance, che non ha neanche 40 anni.
Non credo sia un discorso di capacità. Loro sono autoritari quindi riescono a fare qualunque cosa in tempo più breve. La democrazia vince solo quando capisce che deve essere veloce come l'autocrazia nel sostituire i pesi morti e purtroppo, o per fortuna, Biden era un'impresentabile. Ma non era solo un'impresentabile perché saluta persone che sono nel vuoto, ma perché si è totalmente separato dai giovani americani che chiedevano giustizia per Gaza.
Tornando al libro: in passato le forze politiche di sinistra tenevano conto in maniera maggiore delle questioni internazionali.
Berlinguer quando gli israeliani tagliavano le teste a Sabra e Shatila nel settembre del 1982 aveva Yasser Arafat nel suo ufficio. Ecco la differenza tra i democratici di cartapesta e coloro che stanno dalla parte dei più deboli. Nessuno racconta che il tavolo negoziale sulla Palestina è composto dal numero uno dei servizi della Cia, il numero uno dei servizi segreti di al-Sisii e il numero uno dei servizi segreti del Qatar. Quello è il tavolo di pace. Io lo considero un delirio.
Chi avrebbe voluto al posto di Ursula von der Leyen?
Una persona che avrebbe potuto prendere un impegno per il riconoscimento di Gaza. Trovo assurdo che la sinistra voti Ursula von der Leyen, con 145 paesi che nel mondo si sono impegnati a riconoscere Gaza, e non riesca a trovare la forza di imporre una candidata. Almeno provarci, non dico riuscirci, anche solo per esprimere una posizione di bandiera.