Se c’è una cosa chiara dopo il weekend di gara in Bahrain, è che in Formula 1 il talento non ha età. Da un lato, ci sono quelli, come Fernando Alonso e, quando è in vena, Kimi Raikkonen, che invecchiano come il vino buono. E dall’altro c’è Yuki Tsunoda, il primo nato nel nuovo millennio a correre in F1, che oggi ha ottenuto, al debutto, i primi punti in carriera. Yuki, tifone giapponese, si è abbattuto sul Circus senza alcun timore reverenziale.
Lo vedi con quell’aspetto candido - come il suo nome, che in giapponese significa neve - e te lo immagini timido, titubante, alla guida. E invece Yuki è effervescente in pista, per nulla intimorito. Ieri in qualifica ha dato i primi segnali di adrenalinica ebollizione, e oggi, in gara, ha dato spettacolo. Merito sì della sua Alpha Tauri solida, ma anche del suo sangue freddo. A differenza di Pierre Gasly, che ha pasticciato oltremodo lottando contro Ricciardo.
Yuki è arrivato in F1 per restarci, con la sfrontatezza dei suoi 20 anni e, soprattutto, con un atteggiamento vivace, sia nelle dichiarazioni alla stampa che nei team radio infarciti di parolacce. Segno di un carattere forte, che ha usato come ancora per non destabilizzarsi nel percorso vertiginoso della sua carriera. Nell’arco di quattro stagioni, è passato dalla Formula 4 giapponese alla Formula 1 senza fare un plissé. E di spaesato, Yuki non ha proprio nulla.
Vuole essere il primo giapponese a vincere in Formula 1, Yuki. E a vederlo in pista con la sicurezza del pilota navigato, c’è da scommettere che possa riuscirci. Anche perché l’avventura di Yuki in Formula 1 è iniziata con una congiuntura favorevolissima: il talento e la sicurezza in sé di Tsunoda si abbinano alla spinta di Honda e una scuderia, l’Alpha Tauri, incubatrice di talenti fin da quando si chiamava Minardi. Un’equazione potenzialmente esplosiva, che promette faville. E noi siamo già tutti Tsunoders.