Era il 23 maggio 2021 quando, nella sua casa di Kensington, Max Mosley venne trovato morto dagli agenti della polizia londinese. A quasi un anno di distanza, il Coroner's Court di Westminister racconta che l'ex dirigente di Formula 1 aveva deciso di togliersi la vita sparandosi alla testa con un fucile a doppia canna. Mosley era gravemente malato di un tumore inguaribile che, in un momento di triste risolutezza, lo aveva persuaso ad uccidersi. Sulla porta della camera da letto aveva lasciato un biglietto eloquente: "non entrate, chiamate la polizia". Sul comodino, sporco di sangue, un secondo messaggio di poche parole: "non avevo scelta". Mosley aveva 81 anni.
Gli piaceva farsi prendere a frustrate da un gruppo di prostitute travestite da aguzzini nazisti mentre, legato, imprecava in tedesco. Di una cosa però siamo sicuri: Max Mosley, quasi tredici anni dopo la pubblicazione di un video intimo che lo vedeva protagonista di un’orgia, resta il personaggio più eccentrico che abbia mai varcato le porte dell’austera Federazione Internazionale dell’Automobile. Oggi che si è spento, possiamo dirlo con ancora maggiore sicurezza.
Lo era anche prima di quel famoso scandalo, un personaggio borderline: figlio di sir Oswald Mosley e della moglie Diana Mitford le cui nozze, in Germania, furono celebrate a casa del ministro nazista Joseph Goebbels, alla presenza di Adolf Hitler, buon amico degli sposi. Il che rende la festina a tema nazista con video sadomaso in costume ancora più inquietante e fuori luogo, è vero, ma è altrettanto vero che i partecipanti furono tutti adulti e consenzienti, che il video venne pubblicato senza il consenso dei protagonisti e che, se fosse successo oggi (magari a una donna, meglio se ricca e potente come Mosley) staremmo discutendo di violenza, Revenge porn e grave violazione della privacy individuale.
Tredici anni fa non andò così o, almeno, non all’inizio. Lo scandalo sessuale investì Mosley come un fiume in piena e l’unica strada possibile da percorrere - per salvare la facciata del castello che, da presidente, rappresentava - sembrava quella delle dimissioni forzate.
Ma Max Mosley non si dimise.

Era lui il presidente della FIA, eletto nel 1993 e poi rieletto per tre mandati nel 1997, nel 2001 e nel 2005. Una delle menti che, negli anni d’oro della Formula 1, fu in grado di trasformare lo sport motoristico in un’impresa miliardaria florida e vincente. Uno dei fautori del Patto della Concordia, nella sua versione originale del 1981. Uno degli uomini più potenti del motorsport, il cui nome viene spesso associato a quello di Bernie Ecclestone, Frank Williams e Ken Tyrrell.
“Molte persone - spiegò in un comunicato ufficiale - nel segreto delle proprie stanze coltivano abitudini che altri possono considerare riprovevoli. Ma se ciò si limita all’ambito privato non dovrebbe suscitare l’interesse di nessuno”.
E questo comunicato sarebbe da prendere e incorniciare. Perché diciamocelo, quando mai ci ricapiterà? Quando leggeremo di nuovo un documento del presidente di una Federazione internazionale così? Un presidente che dice no, non ho nessuna intenzione di dimettermi dal mio ruolo, per cosa poi? Perché mi piacciono le orge in costume e mi faccio frustare urlando in tedesco?
Sarà deplorevole per voi. Sbagliato per voi. Non per lui.
Mosley fu quattro volte presidente della FIA per le capacità dirigenziali che dimostrò nel corso di una vita intera, certo non per i suoi strani gusti sessuali. Lo costrinsero anche a delegare la decisione di rimanere a capo della Federazione all'assemblea generale di quest’ultima. Smacco finale di una storia che mischia sesso, potere e politica.
La vinse, quella votazione, e concluse il suo mandato senza candidarsi nuovamente a presidente. Consigliò invece il nome perfetto per il suo successore, l’amico di vecchia data Jean Todt. Le fotografie e i video dell'orgia vennero cancellati da ogni sito internet mentre il tribunale britannico condannò il quotidiano News of the World al pagamento di 60.000 sterline quale risarcimento per la violazione della privacy.
Nel 2009 Max Mosley se ne andò così dalla FIA, alla fine del suo legittimo mandato, passando dalla porta principale, quella da cui era entrato.
