Il delitto di Garlasco è diventato uno di quei casi che, per assurdo, sembrano avere più vite di un gatto. Anche dopo la condanna definitiva di Alberto Stasi, il ragazzo dalla bici pieghevole e dalle scarpe pulite, la storia continua a fare rumore. Questa volta per via del Dna. Venerdì 16 maggio, al tribunale di Pavia, si è tenuta un’udienza per l’incidente probatorio nell’ambito della nuova indagine sull’omicidio di Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto 2007 nella villetta di via Pascoli. Un colpo di scena: sarà acquisito il Dna di dieci persone che, a vario titolo, potrebbero aver lasciato tracce nella casa del delitto. Tra loro, due nomi pesanti: le gemelle Paola e Stefania Cappa, cugine della vittima, e Marco Panzarasa, storico amico di Alberto Stasi. Ma non finisce qui: sul tavolo degli inquirenti ci sono anche le tracce di tre amici di Marco Poggi, fratello di Chiara, di tre carabinieri e dei soccorritori intervenuti sul posto. Nessuno di loro è indagato, per ora.


L’acquisizione del Dna è un’operazione a largo raggio, decisa per escludere contaminazioni e fare chiarezza su alcuni profili genetici già emersi nelle precedenti analisi. Antonio De Rensis, legale di Stasi, è stato chiaro: "Questa inchiesta potrebbe riscrivere la storia. La revisione della condanna è un discorso ancora lontano, ma noi ci crediamo e vogliamo osservare tutto con attenzione”. Nel frattempo, si aspettano i risultati delle analisi sul martello ritrovato in un canale a Tromello. Potrebbe essere l’arma del delitto, oppure l’ennesimo depistaggio. Intanto, sette quesiti genetici sono stati formalizzati dalla gip: nuove domande, vecchie ossessioni. Garlasco resta lì, sospeso tra verità giudiziaria e verità cercata. E Chiara, come sempre, al centro di tutto.

