Guardare Roger Federer mentre gioca a tennis, soprattutto a Wimbledon, è uno spettacolo per gli occhi. L'eleganza dello sport, presente passata e futura, racchiusa nel corpo di uno svizzero vestito di bianco. Non suda, quasi non corre, si arrabbia raramente. Se lo chiamano King Roger, un motivo ci sarà. E noi abbiamo bisogno di lui, perché le cose belle, fatte con fatica e costanza, ci indicano un punto a cui poter tendere.
Guardare Fabio Fognini, è un'altra cosa. Ha la veemenza ligure, ereditata da un padre che spesso - dagli spalti - grida e insulta più di lui, non accetta le sconfitte, mai, non si contiene, non chiede scusa. Era così a vent'anni, è così oggi che ne ha quasi 34. Ogni tanto dice "mia moglie Flavia mi ha fatto mettere la testa a posto" ma sappiamo tutti che neanche la Pennetta, che chissà come cerca di sopportarlo, è riuscita in questa impresa.
Non ha mai vinto uno Slam, non è mai andato oltre il nono posto nella classifica ATP, non ha mai fatto quel salto necessario a renderlo il tennista che tutti speravano diventasse. Non manca il talento, non è mai mancato: Fognini è uno sportivo incredibile che, se preso nei giorni buoni, può non avere rivali (compresa la sacra trinità Federer-Nadal-Djokovic).
Il problema di Fabio è, e sempre sarà, la testa. Perde: spacca tutto. Vince: sfotte l'avversario. Si incazza: manda tutti a quel paese, arbitri compresi. Mentre Federer sfiora il prato perfetto di Wimbledon, Fognini ci spacca sopra la racchetta, distruggendo qualcosa di sacro e protetto "come il cristallo", gli dirà il supervisor nel 2013. Risultato, neanche a dirlo, una pioggia di insulti da parte del sanremese e una multa salatissima. Non l'unica presa in Inghilterra: nel 2019 infatti gli arrivò un conto di 3000 sterline da pagare per aver detto "Maledetti inglesi, scoppiasse una bomba su questo circolo”.
Quando in campo c'è lui si sa come si entra, e non si sa come si esce. Vincenti o perdenti, a seconda della luna dell'italiano, insultati o scherniti, in base al risultato. Iconico lo scontro con Rafael Nadal, suo amico di vecchia data e legatissimo alla moglie Flavia, che visibilmente spaesato dalla rabbia di Fognini continuava a ripetergli Fabio Fabio Fabio come un mantra per cercare di calmarlo.
Glielo vorremmo dire tutti, quando lo vediamo sull'orlo di una ormai regolare, crisi di nervi: Fabio Fabio Fabio ricordati che stai giocando a tennis, che ti guardano tutti, che con un carattere diverso oggi potresti essere tu il numero uno.
Una delle ultime iconiche sbroccate è stata quella degli Australian Open di quest'anno, alla fine del derby italiano con Salvatore Caruso. Ha vinto, Fognini, dopo 4 ore sul campo e un match point annullato all'avversario. Che fare dunque, dopo aver battuto un avversario (e pure amico) andato vicinissimo alla vittoria nel corso del match, se non sfotterlo un po'?
"Hai avuto culo, hai vinto quattro punti uguali e non ti sei scusato" ha rinfacciato Fognini a Caruso, che però non ci è stato: "Non si fa così Fabio, hai vinto, che vuoi? Non mi sono permesso di dirti una parola tutta la partita. Tu non puoi fare quello che vuoi". E via dicendo con i battibecchi. Aveva ragione Caruso, non c'è niente da dire. Dopo aver perso, e pure nel peggior modo per un tennista, si è comunque dimostrato più maturo del ligure.
Eppure Fognini è Fognini. Ogni volta finiamo per insultarlo, dagli dell'immaturo, dirgli che per colpa della sua testa, del suo carattere, abbiamo sprecato l'opportunità di avere un italiano sul tetto del mondo del tennis. NOI, capite? Noi ci lamentiamo di lui.
Lui che, a mente lucida, il suo carattere lo avrà maledetto centinaia di volte, che sarà andato da decine di psicologhi, psicoterapeuti, motivatori e chi più ne ha più ne metta. Noi ce la prendiamo con lui, ma apriamo youtube per guardare la compilation delle sue sbroccate perché in fondo ci piace che sia così, un po' borderline, un po' pazzo come tutti.
Che non siamo Roger Federer, neanche lontanamente. Ma siamo in qualche modo, nelle nostre vite, tutti un po' Fabio Fognini. Ognuno che alza le spalle e dice "io sono così, è il mio carattere" quando viene criticato, ma punta il dito contro un tennista di fama internazionale dicendo "lui non può essere così per colpa del suo carattere".
E invece può, perché Fognini è questo. Forse non vincerà mai un grande Slam, non diventerà mai il numero uno dell'ATP, farà incazzare tutti ancora centinaia di volte prima del suo ritiro, per poi diventare uno di quei commentatori che si fanno buttare fuori dalle televisioni per aver detto più parolacce che parole. E ci farà sognare con un rovescio perfetto lungo linea, per poi farci incazzare con un lungo tirato senza usare la testa.
Forse lo capiremo solo dopo il suo ritiro, quando nessuno prenderà più multe per aver mandato a quel paese l'arbitro, ma dovremmo difendere oggi l'irrazionalità di questo tennista.
Perché abbiamo bisogno della perfezione di Roger Federer, ma abbiamo anche bisogno del caratteraccio di Fabio Fognini.