Lewis Hamilton non molla mai. Anche in un Gran Premio come quello di Zandvoort, dove le carte sembravano essere già decise dopo il passaggio pulito di Max Verstappen in curva uno, alla Tarzan, Lewis non ha mai alzato il piede.
Ha lottato fino all'ultimo giro con la fame di un rookie con tutto da dimostrare e certo non con lo spirito di un sette volte campione del mondo. Ha parlato, tantissimo, via team radio, continuando a fare domande sull'usura delle gomme, i distacchi, i tempi e le scelte da fare.
Si è arrabbiato quando il suo team ha sbagliato, ancora una volta, strategia, e alla fine ci ha messo una pezza da solo, rientrando pericolosamente prima dell'ultimo giro per riprendersi il giro veloce che il compagno di squadra gli aveva erroneamente tolto.
Un Lewis Hamilton così, affamato e rabbioso, si merita di vincere un altro mondiale. Non che Max Verstappen non se lo meriti, anzi, ma la lotta tra i due piloti è equa non solo nelle monoposto ma anche nello spirito di chi le guida. Disposti a tutto pur di primeggiare, leoni che difendono il territorio, in una sfida in cui - a fine stagione - primeggerà uno solo, ma a vincere saranno entrambi.
Chi invece non si sta meritando il mondiale è la Mercedes di Toto Wolff. L'ingranaggio perfetto della scuderia che non sbagliava mai sembra essersi rotto e se negli scorsi anni vederli sbagliare, una strategia o un pit stop, era un caso unico e irripetibile, in questa stagione sono più gli errori che le intuizioni corrette.
La pressione non sta facendo bene a un team ormai abituato da troppo tempo a non avere rivali e i risultati in pista si vedono, anche a Zandvoort: confusi nella strategia, nella gestione del secondo pilota (Bottas che completa il giro veloce togliendo a Hamilton ha dell'incredibile), e arrendevoli nei team radio. Bono, l'ingegnere di Hamilton, che appare confuso dalle domande del suo pilota, come se la scelta dei pit stop non fosse chiara neanche a loro, e Lewis che lo incalza, che non capisce, e che si ritrova più solo che mai.
Lui, campione dal talento e dalla forza mentale indiscutibili, che deve fare i conti con qualcosa che non ha mai conosciuto: le debolezze degli altri.