Shoya Tomizawa è morto il 5 settembre 2010 dopo una caduta al Curvone di Misano e dopo essere stato travolto dalle moto di Alex De Angelis e Scott Redding durante il Gran Premio di San Marino di Moto2.
Sono passati undici anni esatti, quindi, da una delle pagine più tragiche, e purtroppo anche più misteriose - e forse anche vergognose - della storia del motociclismo. Perché in quell’occasione morì un ragazzo di soli 19 anni. E questo doveva bastare a fermare la giostra. Invece il sospetto che ha aleggiato per anni sopra al Circus è che proprio per non fermare la giostra fu addirittura nascosta la morte del giovanissimo pilota.
Tanto che la Procura della Repubblica di Rimini aprì un’inchiesta sui fatti, anche per stabilire se la caduta dalla barella nella confusione dei soccorsi avesse influito nel tragico epilogo. Il lavoro della magistratura, poi, portò ad accertare che il giapponese della Suter era invece morto durante il trasporto in ospedale, in ambulanza, a causa delle conseguenze di un tremendo trauma toracico.
Ma i dubbi e la nebbia sono rimasti fitti in questi dieci anni. Perché Jorge Lorenzo, che arrivò dietro Pedrosa, poi, nella gara di MotoGP, dichiarò all’arrivo di aver saputo la triste notizia. Ma come poteva aver saputo se l’annuncio era stato fatto proprio mentre lui, Dani Pedrosa e Valentino Rossi si contendevano il podio? E ancora: perché il trasporto in ambulanza quando per casi estremamente gravi si è sempre preferito l’elicottero?
Domande, che si sono aggiunge nel tempo a testimonianze di chi c’era, a racconti, persino a video che testimoniano l’imbarazzo di quel giorno, quando lo speaker del Santa Monica si trovò ad annunciare il decesso di un pilota di soli 19 anni mentre nell’aria risuonavano le trombe festanti, i cori e i fischi che da sempre accompagnano un podio.
Al di là dei gialli, al di là di presunte o concrete macchinazioni per far andare avanti lo spettacolo, al di là della magistratura, delle verità vere e di quelle processuali, non si può negare che quella si Shoya Tomizawa sia stata trattata come una morte di serie b. Ritirare il 48, il suo numero, forse è stato solo un tentativo di riparare alla stesura di una brutta pagina. E non è giusto, non va bene, perché aveva 19 anni e perché era un pilota, perché la vita viene prima e alla morte bisogna portare sempre il giusto, ma eguale, rispetto. Ecco perché undici anni dopo non ci andava proprio di far cadere così questo anniversario nel silenzio.