Uno sfogo, uno scatto d’istinto e un consiglio paterno: "Stai lontano dai giornalisti". “Quarta Repubblica” ha mandato in onda un’intercettazione telefonica inedita del 28 settembre 2007. È una conversazione tra Stefania Cappa, una delle due gemelle cugine di Chiara Poggi, e suo padre Ermanno, avvocato. La notizia è appena arrivata: Alberto Stasi, al tempo fidanzato di Chiara e principale indagato per il suo omicidio, è stato scarcerato. "Ma proprio scarcerato?", chiede Stefania al telefono. Suo padre conferma. E lei esplode: "Ma vaffancu*o". Lui la richiama: "Va beh, ma perché vaffancu*o? Che c’entra?". Poi prova a riportare ordine tra emozioni e prudenza: "In questo momento non ti deve interessare. Insomma, povera famiglia, povero ragazzo, se, se, se… Non è questo il problema. Il problema sono i giornalisti, capito?". Perché fuori da casa Poggi, racconta Ermanno, c’è “un assedio”, con telecamere e taccuini puntati addosso a ogni parente.


La telefonata è un piccolo frammento che dice molto del clima teso e del cortocircuito emotivo vissuto a Garlasco nei giorni in cui le indagini sull’omicidio di Chiara sembravano aprire spiragli e poi richiuderli di colpo. Una normalità fatta a pezzi, un paese sotto assedio, e ogni parola che scivola nel tritacarne della tv. Il valore giudiziario della conversazione è relativo. Ma lo spaccato umano è potentissimo. Perché non racconta solo uno sfogo, ma una dinamica familiare: una figlia che sbotta, un padre che invita a tenere la linea. Con educazione, ma «stai lontana dai giornalisti». Intanto, mentre i riflettori tornano sul caso con nuovi accertamenti genetici, tra cui il profilo di Andrea Sempio, amico della vittima e oggetto di analisi difensive, la Procura spera che il nuovo incidente probatorio faccia chiarezza su tracce rimaste finora orfane di un nome. Tracce trovate sotto le unghie di Chiara. E che oggi, quasi diciotto anni dopo, potrebbero riscrivere la storia.

