“E se poi me vie’ ’a sciolta?” diceva Christian De Sica a proposito del secondo “dichiarato” da Asuncion, “serva” (che serve – avrebbe detto Totò), pollo coi peperoni, specificando: “I peperoni so’ pesanti, portame ’na pera che me scioglie er mantecato de mamma”.
Ecco, a quando il comunicato della FederPeperoni contro De Sica, che in “Vacanze di Natale ’83” si scagliò contro questa storica e tradizionale pietanza italica?
No perché il governatore abruzzese, Marco Marsilio, bottiglia in resta, si è lanciato contro Christian De Sica (santo subito) per avere detto, in un film, “Natale a tutti i costi”, il nuovo cinepanettone, che il vino che gli veniva offerto, vincitore di non so quale gara enoetnogastronomica abruzzese, sarebbe “’na merda”. E giù un pippottone che il vino abruzzese deve piacere per forza.
Gli ita(g)liani non sono cosa, non sono cosa del politically correct, perché si esaltano, je viene subito fuori quer camerata più fascista der Duce che te vole mena’ se nun fai come dice lui.
Tutto il woke che volete, tutta la cancel culture che volete, ma in America esistono ancora i “comedian” come David Chappelle (nero che sfotte i neri – ci fosse stato uno Chappelle ita(g)liano, probabilmente, ci saremmo evitati non solo Aboubakar Soumahoro, ma anche le foto di sua moglie che non è la prima donna al mondo che c’ha le tette e il pelo sulla pataffia – l’avvocato di Priebke ne sta facendo una questione termonucleareglobale, ci sta, è un avvocato, ma stiamo parlando sempre di due tette w un po’ di pelo, mica della fame del mondo), Ken Jeong che fa body shaming contro se stesso per le dimensioni del suo pene e che da sudcoreano prende in giro i cinesi, o Jim Jefferies che prende per il culo indistintamente tutti, froci compresi.
Perché in Italia, è bene dirlo, non siamo cosa di avere paletti, ogni paletto diventa steccato da difendere, ogni leone da tastiera diventa eroe scagliato contro una parola, ogni scrittore diventa una Murgia, ogni governatore diventa un capopopolo.

Da un po’ di tempo a questa parte neri, froci, lesbiche, tutti gli appartenenti alle minoranze, e anche i vini del Sud sono bravi e belli e buoni. Anche se, e diciamolo, al Sud non sappiamo vinificare (questo nero d’avola, un vinaccio villano che si è dato una ripulita e che una volta si chiamava “vino di pachino”, venti gradi, lo bevevi d’estate mangiando carne di maiale e poi tornavi a casa e picchiavi la moglie, i figli, la suocera e anche il cane).
E invece, credo fermamente, un minimo di correttezza politica, in questa Italia mai del tutto defascistizzata, potrà raggiungersi quando si potrà dire: “Ho molti nemici gay”, di più “Ho molti nemici gay architetti”, o ancora “Non ho problemi con i gay, non ho problemi con i designer, ma ho grossissimi problemi con i designer gay”. Si può o no? Parlo di arredamento di interni, non di preferenze o di identità sessuale.
Insomma: ho molti nemici gay, ho tantissimi nemici gay designer, conosco neri stupidi e i vini del Sud mi fanno schifo. Posso dirlo?
Non giudico geograficamente né uomini né vini. Se mi piacciono mi piacciono, se non mi piacciono… e sticazzi!
Non toglieteci la libertà di Christian De Sica!
