Non c’è niente da fare, siamo terroni. Io lo posso dire e appena una costa, una zona, un Salento, fa notizia e si eleva al di sopra della media per immagine eccolo là, il terrone che rovina tutto, il terrone del prendi i soldi e scappa, il terrone che ne vuole approfittare, il terrone che non ha visione del futuro. Io lo posso dire, sono terrone. E sì, sono stato nel Salento quando era una terra vergine e un po’ hippie, dove si andava portandosi solo le infradito e il pareo, dove non c’erano neanche i “locali” ma le salumerie dove farsi fare i panini. Se vogliamo scrivere una storia della decadenza della Puglia bisogna iniziare dalla scassaminchia della taranta. Tutti con questa fissa della taranta. Si andava in Salento per stare sereni e invece arrivò Carmen Consoli (un abbraccio) a dirigere la Notte della taranta. E fu l’inizio della fine. Andavamo per stare sereni, come a Big Sur, come in una comune, e ci ritrovammo pazzi scalmanati che tarantolavano. Era di moda, la taranta, bisognava tarantolare. Altro che serenità e silenzio e odore di grano e mare quieto: pazzi che dovevano sfogare le frustrazioni di un anno di lavori pessimi ci ritrovammo. E i terroni lì, pronti, a monetizzare. Il Salento nacque come una riproposizione della comune comunista ma divenne subito, in mano a sindaci, assessori, promotori di festival, l’ennesimo Luna park del divertimento. Con le finte masserie.
Oramai un classico il G7 di Giorgia Meloni a Borgo Egnazia, una masseria in stile Disneyland, niente di vero, tutto ricostruito. L’immagine di una immagine mai esistita. Adesso Nancy Dell’Olio, gran signora della prima colazione di Sven-Goran Eriksson (uova sbattute e ingoiate crude, la ammiriamo per questo) ambasciatrice della Puglia, conferma la terronaggine: “Il lusso non è solo alzare i prezzi – dice al Corriere – è soprattutto questione di qualità”. Ma quale qualità. Con il problemone del rinnovo delle concessioni, i terroni, stanno attuando una politica del “ruba più che puoi”. Quest’estate non sono stato in Puglia, sono restato in Sicilia, e l’insalatona costa 18 euro (trentaseimilalire), un cocktail (ghiaccio, un po’ di gin e tonica sgasata) 12 euro (ventiquattromila lire). È ovvio che le famiglie disertino i lidi. Anche perché, ai prezzi folli, non corrisponde nessun servizio. Cosa volevano fare, la nuova Miami senza Versace? La California con strade dissestate e muretti a secco? La Giamaica senza le giamaicane ma con le pugliesi in sovrappeso e smagliature in tanga? (sì, è body shaming, ma siete voi che dovreste vergognarvi).
Resterà una Puglia melonizzata, con le masserie finte, la tarantolata (e che due palle) senza ritegno (ma chi se ne fotte delle contadinotte in sovrappeso che si agitano molto anche se con la benedizione di Carmen Consoli), e le terrone che ti fanno un panino manco che ti stessero facendo un pomp*no. La verità è che il Sud – e ringraziamo Nancy Dell’Olio per averlo detto – è una terronia insopportabile, gestita da politici pazzi e imprenditori truffaldini che cercano di spremere i poveri turisti fin quando ce n’è. Ovvio, anche i turisti sono scemi e terroni. E in questo nulla di profitto e scontentezza e tristezza anche un’altra estate se ne va. Con i suoi sogni di campi di grano hippie, di infradito e pareo, di sospensione del capitalismo, mentre anche la proprietaria di un piccolo bar guarda il turista come un pollo da pennare. Terroni. Siete terroni. Di meglio non saprei dire.